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Ubud: alla ricerca della “vera Bali”

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Costantemente dipinta come il paradiso terrestre, come un luogo dove la vita scorre lenta e rilassata, Bali è in realtà un’isola piena di contraddizioni e di fortissimi contrasti. Ho già raccontato in questo articolo di come l’idea utopistica di Bali, largamente diffusa in Occidente, sia stata in realtà messa a nudo già nelle primissime settimane del mio viaggio in Indonesia. Questo viaggio ha avuto sin dall’inizio lo scopo di trovare la vera essenza della cultura balinese, di cogliere, assaporare e fare mio quello stile di vita tanto decantato e per il quale il popolo di quest’isola è tanto apprezzato nel mondo.

Dopo aver attraversato città caotiche e prese d’assalto da turisti facoltosi e poco rispettosi della natura e delle tradizioni locali, nella mia mente risuonava una sola domanda: dove si trova la vera Bali?

La mia ricerca ha trovato finalmente delle risposte a Ubud, una piccola cittadina situata nel centro-sud dell’isola.

La “vera Bali”

Lontano dall’oceano e dal turismo di massa, Ubud ha saputo combinare benissimo tradizioni e usanze locali, ben presenti come in nessun altro luogo dell’isola, con una forte spinta occidentale. Contrariamente a quanto avvenuto in altre cittadine, una su tutte Kuta, dove l’influenza dei turisti ha portato alla distruzione quasi totale della cultura locale in favore di uno stile di vita basato sulla rincorsa alle attrazioni e al lusso, a Ubud i due elementi si sono fusi in modo quasi perfetto. Non a caso, la città è diventata ormai da anni il punto di riferimento per backpackers, expat e nomadi digitali provenienti da tutto il mondo.

Per evitare di essere frainteso, metto subito le mani avanti specificando che neppure Ubud rappresenta quella terra perfetta e utopistica di cui parlavamo poco fa: non sono tutte rose e fiori, a cominciare dal traffico che, seppure non nella misura di città più popolose come Denpasar o Canggu, rappresenta un grosso ostacolo alla qualità della vita anche qui. Le sue strade sono invase dai motorini, le auto restano intrappolate nel traffico, e l’aria è costantemente avvelenata dai gas di scarico di mezzi vecchi e inadeguati.

Attraversare la strada è pericoloso, e i marciapiedi sono spesso in stato di totale disagio con mattonelle mancanti, dissestate o con grossi ostacoli che possono mettere gravemente in pericolo pedoni distratti o con handicap motori. C’è poca attenzione, insomma, alla sicurezza delle persone sotto questo punto di vista.

D’altro canto, è più che giusto dare atto a Ubud di quanto sia in grado di offrire. L’Indonesia ha grossi problemi con l’uso e lo smaltimento della plastica, e dei rifiuti in generale. La raccolta differenziata è un sogno lontano, e i cestini lungo la strada sono pochissimi. Il risultato è, per diretta conseguenza, che la spazzatura si raccoglie per strada. Spesso, inoltre, viene bruciata causando l’emissione di sostanze altamente nocive. Rispetto ad altre città balinesi, Ubud è invece abbastanza pulita.

Ubud e l’induismo

L’influenza della fede induista, a Ubud, si sente in modo forte e chiaro, come in nessun’altra zona di Bali. Le offerte alle divinità sono ricche, abbondanti e frequenti. Svegliarsi al mattino con i marciapiedi invasi dalle offerte floreali e con il profumo di incenso che permea l’aria è magico e infonde immediatamente un senso di pace e tranquillità che raramente si trova altrove sull’isola.

A Ubud la gente è gentile, cordiale, ed estramente devota. Ho avuto la fortuna di trovarmi in città in occasione di un’importante festa induista della durata di più giorni, chiamata Purnama, che si celebra due volte all’anno in occasione del plenilunio. In quest’occasione gli induisti ringraziano gli dei per la loro protezione, allontanano le forze negative e chiedono perdono per i loro peccati, recendosi al tempio più volte al giorno.

Un tempio induista dedicato alla divinità Ganesh.
Un tempio induista dedicato alla divinità Ganesh.

Le donne indossano un vestito tradizionale e portano al tempio delle offerte molto consistenti tenendole in perfetto equilibrio sopra le loro teste; gli uomini e i bambini si dedicano alla musica e alla danza tipica balinese. Nel corso di queste queste giornate ho avuto modo di vedere da vicino e in prima persona come le persone si dedichino, corpo e anima, ai rituali dellla loro religione. L’intensità dei loro gesti è tale da sorprendere e coinvolgere chiunque.

Gli abitanti di Ubud sono benestanti, e particolarmente orgogliosi della loro città e delle loro tradizioni. Sebbene lungo le strade intorno al centro si possano trovare mendicanti pronti a chiedere l’elemosina, in città ci tengono a sottolineare come questi vengano dal nord di Bali, da zone molto povere, e che loro non hanno alcun bisogno degli spiccioli raccattati dai turisti.

La spinta occidentale

La spinta occidentale ha donato alla città una marcia in più: i tanti locali di ispirazione europea, spesso fortemente orientati al cibo healthy e alla sostenibilità, sono un’ancora di salvezza non solo per i turisti, ma anche per i nomadi digitali provenienti da tutto il mondo.

In questi locali non ci si limita a bere o mangiare cibo salutare: si tratta di veri e propri ambienti di co-working dove lavorare con calma e tranquillità in remoto, oltre che luoghi di ritrovo per anime creative, ribelli e sognatrici. Nel centro città, ad esempio, uno dei locali di riferimento è Sayuri Healing Food: qui si trovano l’armonia e la concentrazione giusti per produrre e lavorare in tutta rilassatezza, accompagnati da cibo salutare e di qualità.

Una smoothie bowl, emblema del cibo healthy.
Una smoothie bowl, emblema del cibo healthy.

Modernità e natura

La città di Ubud unisce perfettamente anche modernità e natura: da una parte c’è il comfort di una città e di ogni servizio che si possa immaginare, dal supermercato ben fornito alla farmacia, dai ristoranti per ogni gusto ai centri massaggi e dove si pratica yoga. Dall’altro c’è la natura, raggiungibile in pochi minuti dal centro città.

A 15 minuti a piedi dal centro, infatti, si raggiunge la Monkey Forest, un’area verde e molto fresca dove vengono preservate e curate le scimmie. Si può passeggiare nella foresta e ammirare da vicino questi animali stupendi, anche se a volte molto aggressivi! Oppure, poco distante, a Campuhan, si può seguire un breve percorso che si avventura nella giungla: un’ottima passeggiata, non troppo impegnativa e adatta a tutti. Le risaie di Kajeng, inoltre, sono un luogo molto tranquillo e rilassante dove si può godere di un panorama stupendo senza la folla che invece si accalca nelle risaie ben più note come quelle della vicina Tegalalang.

Le risaie di Kajeng, a poca distanza da Ubud.
Le risaie di Kajeng, a poca distanza da Ubud.

Conclusioni

Bali, oggi, è un’isola pronta a offrire ai turisti esattamente ciò che essi desiderano: gli amanti del lusso e della vita mondana possono trovare pane per i loro denti, a costi irrisori, nei locali e negli alberghi che animano l’isola lungo la costa. I surfisti possono trovare soddisfazione affrontando le gigantesche onde delle spiagge di Seminyak o Dreamland Beach. La “vera Bali”, però, è molto diversa da tutto questo: non è nelle sue spiagge dorate, né nel cibo costoso servito in riva all’oceano, ma neppure esclusivamente nella povertà delle sue campagne. La vera essenza dell’isola si trova a Ubud, lontano dalla mondanità, dove le tradizioni induiste resistono ancora salde e con invidiabile orgoglio e la gente sorride con genuinità, nonostante l’influenza positiva dell’Occidente.

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